Onorevoli Colleghi! - La riforma dello stato giuridico della docenza universitaria è oggi percepita come una vera e propria urgenza. I profondi cambiamenti che, negli ultimi anni, hanno riguardato i percorsi formativi universitari e l'offerta didattica degli atenei italiani rendono non più differibile la revisione organica dello status dei docenti universitari, dei loro doveri e dei loro diritti, nonché delle regole che governano il loro reclutamento (anche recentemente riviste con il decreto legislativo 6 aprile 2006, n. 164). Tale esigenza di riforma, peraltro, appare largamente condivisa: nelle sedi istituzionali, dalle diverse parti politiche le quali, nelle ultime legislature, si sono confrontate su numerose iniziative legislative; dallo stesso mondo dell'università che, anzi, la sollecita, giustamente rivendicando alla scienza e alla ricerca un ruolo fondamentale nel progresso della società. Tuttavia, non può essere sottaciuto il fatto che la riforma complessiva della docenza universitaria, per il suo carattere pervasivo e per la rilevanza degli effetti che è destinata a produrre, richiede una riflessione approfondita, la quale, pur iniziata da tempo e giunta a un buon grado di evoluzione, non sembra apparire matura per una definizione parlamentare in tempi rapidi.
      Appare assolutamente necessario, pertanto, e non meno urgente, in attesa dell'auspicata riforma complessiva della docenza universitaria, portare a soluzione singole questioni controverse sulle quali già da molti anni si registra un generale consenso, che coinvolge le diverse parti politiche e le istituzioni universitarie, in ordine alle soluzioni da adottare. Una di tali questioni, tra le più urgenti a parere del proponente, perché investe profili, di rilevanza costituzionale, che attengono alla tutela della dignità del lavoro, riguarda il riconoscimento ai ricercatori universitari della funzione docente, con l'istituzione della terza fascia del ruolo dei professori universitari. Come è ormai ampiamente

 

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noto, i ricercatori universitari da molti anni, in verità già all'indomani della loro istituzione, con la legge 21 febbraio 1980, n. 28, svolgono funzioni di docenza, con titolarità di corsi di insegnamento per supplenza o affidamento. Tuttavia, a partire dalla fine degli scorsi anni novanta, con il crescente aumento dell'offerta didattica delle università, il coinvolgimento dei ricercatori universitari nell'attività di docenza ha trovato ulteriore ampliamento, fino a divenire assolutamente essenziale al fine di assicurare i percorsi formativi proposti dall'ateneo. La situazione attuale è tale che quasi tutti i ricercatori universitari svolgono, ormai ordinariamente, funzioni di docenza: ciò, peraltro, ha trovato riscontro normativo nelle disposizioni di cui al comma 11 dell'articolo 1 della legge 4 novembre 2005, n. 230, le quali prevedono che ai ricercatori universitari (e agli assistenti ordinari del ruolo ad esaurimento) sono affidati corsi e moduli di insegnamento, con attribuzione (per il periodo di durata degli stessi corsi e moduli) del titolo di professore aggregato. L'affidamento per «aggregazione» di corsi di insegnamento è idoneo a «spostare» permanentemente i ricercatori universitari nell'area della docenza: tanto è vero che con l'aggregazione le facoltà sono esonerate dall'espletare (per gli insegnamenti aggregati) onerose procedure di supplenza e di affidamento dei corsi. Risulta ben evidente, pertanto, come lo stato attuale del sistema della docenza universitaria (anche alla luce delle ultime, richiamate disposizioni legislative), caratterizzato, come detto, da una figura di ricercatore chiamato a svolgere organicamente funzioni docenti, abbia determinato, nei fatti, il capovolgimento dell'impostazione normativa dei compiti dei ricercatori universitari, per i quali, ai sensi dell'articolo 32 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382 (ancora vigente), l'attività didattica assume connotazioni solo di carattere integrativo dei corsi di insegnamento (essendo limitata alle esercitazioni e alla collaborazione con gli studenti per ricerche attinenti la tesi di laurea) e l'attività di docenza si presenta come del tutto accidentale.
      In ragione delle evidenziate evoluzioni del sistema, diviene assolutamente necessario, per ragioni di equità, di giustizia e di tutela della dignità del lavoro (rispetto alle quali si è formata una sensibilità comune, che attraversa le diverse parti politiche), procedere, in attesa della riforma complessiva della docenza universitaria, alla registrazione normativa - anche nell'interesse degli atenei - del rinnovato ruolo svolto dai ricercatori nelle università, con l'istituzione della terza fascia di docenza. La qual cosa, peraltro, non comporta una indifferenziata assimilazione dei docenti universitari, il cui diverso grado di maturità e di responsabilità scientifica rimane ben cristallizzato nella previsione di tre diverse fasce di docenza (cui si ricollegano, ovviamente, anche tre diversi livelli retributivi), né costituisce una promozione ope legis dei ricercatori universitari, trattandosi, invece (come detto), del giusto riconoscimento di funzioni già sistematicamente svolte da soggetti (secondo le disposizioni della presente proposta di legge) già permanentemente e definitivamente incardinati nel sistema universitario.
      Pertanto, l'istituzione della terza fascia della docenza - peraltro auspicata, in più occasioni, dalle stesse istituzioni universitarie (dalla Conferenza dei rettori delle università italiane, ad esempio) - si appalesa come un provvedimento urgente, in grado, da un lato, di dare una risposta concreta all'accresciuto fabbisogno di docenza degli atenei e, da un altro lato, idoneo a costituire il necessario riconoscimento delle funzioni di docenza da anni costantemente svolte dalla maggior parte dei ricercatori universitari. Deve essere evidenziato che tutto questo si riesce a realizzare senza alcun aggravio economico per il bilancio dello Stato e delle università (le quali, anzi, potranno risparmiare delle risorse, ovvero quelle annualmente destinate ad affidamenti e supplenze): infatti, come è precisato nella presente proposta di legge, a coloro che saranno inquadrati nella terza fascia dei professori universitari continueranno ad applicarsi le norme
 

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rispettivamente vigenti per i ricercatori universitari di ruolo e per gli assistenti ordinari del ruolo ad esaurimento in materia di trattamento economico e di stato giuridico.
      La presente proposta di legge, pur tenendo conto del dibattito parlamentare che ha riguardato (nella XIII e nella XIV legislatura) le numerose iniziative legislative (provenienti dalle diverse parti politiche) volte a dare istituzione alla terza fascia della docenza universitaria, propone una soluzione della questione che vuole riuscire a realizzare gli obiettivi evidenziati (in particolare, in relazione al riconoscimento delle funzioni docenti effettivamente svolte dai ricercatori universitari) senza scardinare gli assetti giuridici vigenti (peraltro, recentemente definiti) - i quali dovranno essere sottoposti a revisione complessiva con la più volte auspicata riforma organica della docenza universitaria - e, comunque, considerando le osservazioni che sono venute dagli operatori del settore (senza, tuttavia, subirne passivamente resistenze e radicalità), nella convinzione che questa sia l'unica strada da percorrere se si vuole davvero provare a portare a compimento una riforma importante (socialmente, oltre che dal punto di vista ordinamentale), utile e (e non è poco) senza oneri aggiuntivi a carico dello Stato - peraltro esplicitamente enunciata nel programma con il quale l'Unione si è presentata agli elettori - portando a frutto l'ampia convergenza di principio registrata, sulla questione, in Parlamento.
      Sotto il profilo tecnico, la presente proposta di legge, che si compone di tre articoli, prevede, all'articolo 1, comma 1, l'istituzione della terza fascia della docenza universitaria. L'elemento di novità, introdotto rispetto alle altre iniziative di legge presentate sull'argomento, è costituito dal fatto che alla terza fascia accedono (come previsto al comma 2), a domanda, i ricercatori universitari confermati, quei ricercatori, cioè, che hanno superato (ovvero, nel momento in cui supereranno) il giudizio di conferma previsto all'articolo 31 del citato decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, nel quale si dispone, appunto, che i ricercatori universitari, dopo tre anni dall'immissione in ruolo, sono sottoposti a un giudizio di conferma da parte di una commissione nazionale (composta, per ogni raggruppamento di discipline, da tre professori di ruolo, di cui due ordinari e uno associato) che valuta l'attività scientifica e didattica integrativa svolta da ricercatore. Posto che tutti i ricercatori universitari devono essere sottoposti al giudizio di conferma e che solo il superamento di tale giudizio determina l'appartenenza «definitiva» del ricercatore stesso al ruolo (la norma citata, infatti, stabilisce che in seguito all'esito sfavorevole del giudizio di conferma, che può essere ripetuto una sola volta, il ricercatore cessa di appartenere al ruolo), la disposizione di cui all'articolo 1 della presente proposta di legge riesce, da un lato, ad assicurare che l'accesso alla docenza (alla terza fascia) possa avvenire quando il ricercatore abbia raggiunto un sufficiente grado di maturità scientifica - la qual cosa trova garanzia nella circostanza che il soggetto ha superato due concorsi a carattere nazionale, uno per divenire ricercatore e un altro per superare il giudizio di conferma - mentre, da un altro lato, permette l'accesso alla docenza universitaria al ricercatore che (con il superamento del giudizio di conferma) ha fatto ingresso «definitivo» nel ruolo.
      Al comma 2 dell'articolo 1 è, inoltre, previsto, a ulteriore presidio del raggiungimento di un sufficiente grado di maturità scientifica e didattica, che per i ricercatori confermati che al momento della domanda non hanno svolto almeno tre anni di insegnamento, l'accesso alla terza fascia è condizionato al superamento di una prova didattica che deve essere svolta secondo le modalità stabilite dalla facoltà di appartenenza (e che, in caso di esito sfavorevole, può essere ripetuta ogni anno).
      Al comma 3 dell'articolo 1, definita la denominazione di professori di terza fascia o semplicemente, di professori, si precisa che a coloro che saranno inquadrati nella terza fascia della docenza continueranno
 

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ad essere applicate le norme vigenti in materia di trattamento economico e di stato giuridico («salvo quanto previsto dalla presente legge») dei ricercatori universitari: la qual cosa esclude, come detto, che dalla riforma possano derivare oneri a carico del bilancio dello Stato e delle università. Al comma 4 dell'articolo 1 si dispone che il ruolo dei ricercatori universitari è posto ad esaurimento. Il livello iniziale di accesso al sistema di docenza universitaria diventa la terza fascia dei professori universitari. I ricercatori universitari che non dovessero essere inquadrati subito nella terza fascia (perché ancora non confermati) sono destinati ad accedervi gradualmente, con il superamento del giudizio di conferma e, nei casi previsti, della prova didattica (mentre, nell'ipotesi di mancato superamento del giudizio di conferma, ai sensi dell'articolo 31, quarto comma, del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 382 del 1980, cesseranno dal ruolo). A garanzia dei diritti e dello status acquisiti è, inoltre, stabilito che i ricercatori universitari che non dovessero riuscire ad accedere alla terza fascia (perché non ne fanno domanda o per altre ragioni previste dalla presente proposta di legge) conservano lo stato giuridico e il trattamento economico in godimento.
      L'articolo 2 della presente proposta di legge dispone in ordine ai compiti e ad alcune prerogative dei professori universitari di terza fascia: ad essi (comma 1) le strutture didattiche della facoltà di appartenenza attribuiscono, in relazione al settore scientifico-disciplinare di inquadramento, la responsabilità didattica di corsi di insegnamento e agli stessi si applicano (comma 2) le disposizioni vigenti per i professori di prima e di seconda fascia in materia di verifiche periodiche dell'attività didattica e scientifica, di trasferimenti, di alternanza dei periodi di insegnamento e di ricerca, di congedi per attività didattiche e scientifiche e di accesso ai fondi di ricerca. Al comma 3 si stabilisce che i professori di terza fascia sono componenti degli organi accademici e partecipano alle relative deliberazioni, eccetto quelle che riguardano le persone dei professori di prima e di seconda fascia. Al comma 4 si precisa che ai professori di terza fascia spetta l'elettorato attivo per tutte le cariche accademiche, mentre il loro elettorato passivo è rimesso alla disciplina statutaria dei singoli atenei, con esclusione della possibilità di essere eletti rettori, presidi di facoltà e direttori di dipartimento.
      All'articolo 3 della presente proposta di legge, in fine, si fissano alcuni princìpi generali in ordine alle modalità di reclutamento dei professori universitari di terza fascia, precisando che continua ad applicarsi la procedura di valutazione comparativa prevista per il reclutamento dei ricercatori universitari dalla legge 3 luglio 1998, n. 210, integrata dallo svolgimento di una prova didattica. Sono, inoltre, indicati alcuni titoli da ritenere preferenziali nell'espletamento delle procedure di reclutamento dei professori di terza fascia (il dottorato di ricerca, le attività svolte in qualità di assegnisti e di contrattisti, nonché di borsisti post-dottorato). Sono anche stabilite (commi 2 e 3) alcune norme di coordinamento tra le disposizioni vigenti e la nuova disciplina proposta. Ad esempio, è modificato il comma 22 dell'articolo 1 della legge 4 novembre 2005, n. 230, il quale, nella nuova formulazione, precisa che gli articoli 1 e 2 della legge 3 luglio 1998, n. 210, sono abrogati solo in relazione al reclutamento dei professori di prima e di seconda fascia. È inoltre introdotto l'articolo 12-bis della legge 19 novembre 1990, n. 341, che permette l'attribuzione, in affidamento o supplenza, di ulteriori corsi ai professori, trattandosi di uno strumento che garantisce agli atenei una cera elasticità nella copertura integrale degli insegnamenti. Le norme di tale articolo riproducono, in sostanza, quelle già previste dall'articolo 12 della stessa legge n. 341 del 1990, abrogato dal citato comma 22 dell'articolo 1 della legge n. 230 del 2005.
      Le disposizioni della presente proposta di legge si applicano anche agli assistenti ordinari del ruolo ad esaurimento, i quali, da tempo, sono stati equiparati ai ricercatori universitari.
 

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